Da tempo mi riprometto di farlo. Fornire nel blog la mia personale visione di insieme di alcuni aspetti del mio mondo artistico. E non mi riferisco solo alla sfera del “performer” ma anche a quella dell’Insegnante di teatro. “Esperto esterno”, come sempre da contratto.
Mi guardo attorno e mi trovo molto spesso ad essere la mosca bianca, quella che viene acciaccata solo sul divano scuro perché sulla parete non si vede. Ecco cosa siamo noi che di arte viviamo. Invisibile a tratti, fastidiosi a comando, necessari affinché esista l’industria degli “ammazzamosche”.
Eppure quell’industria, e so che mi avete già perdonato la metafora, è quella che tiene in piedi la nostra repulsione al fastidio dell’ordinario. Perché l’ordine ci logora e lo fa nel più subdolo dei modi, ossia creandoci una sensazione di confort.
Eccoci quindi, nel nostro spazio teatrale, a mostrare il mondo oltre le sfaccettature consuete, al di là del confine comodo marcato dal nostro r-esistere.
E se per alcuni individui la fuga dall’ordine è piuttosto naturale, per altri è un atto di forza, quasi doloroso.
Ma quel dolore è la reazione del muscolo allo sforzo, quello che genera quel processo di distruzione e ricostruzione in cui aumenta la massa, la forza, la resistenza.
Ecco cosa fa il teatro. Ti porta fuori dal tuo confine istituzionale, ti fa vivere quello che ti manca, se ti manca, te lo fa conoscere se lo hai sempre evitato per paura di toccare l’ignoto.
Metafore su metafore, mi basterebbe dirti che fare teatro fa stare bene, no?
Ma non lo so fare, perché la strada diretta è troppo semplice, la panoramica è territorio di scoperta.
E te? Vuoi scoprire o solo arrivare?
Ebbene questa che hai appena letto era la presentazione di questo itinerario nel mondo del teatro educativo, senza tralasciare uscite fuoripista in mille sentieri che incontreremo.
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Nel prossimo articolo ti spiego perché
I BAMBINI NON SONO IL FUTURO.
Grazie per l’attenzione!